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Antenna Trash, il nuovo che avanza

Non si sa ancora se compiacersi per l’ondata post-wave electrizzata che ha invaso la scena indie del paese nell’ultimo biennio, o cominciare a pensare che sia già troppa, se non investe sulla singola personalità degli artisti per differenziare gli uni dagli altri. L’uscita dei veronesi Antenna Trash (“Dry, wet, paper, plastic, aluminium” come nella raccolta differenziata), in calendario per il 5 marzo, pare fatta apposta per non risolvere con le forbici il nodo, a fronte di tanta ineccepibilità e pure del desiderio di andare finalmente oltre.

antenna trash

Non si tratta di coccolare i virgulti in botta hip, ma di dire le cose come stanno: gli Antenna Trash sono bravi. Tanto bravi. Assai capaci nel costruire la loro offerta sui binari di ciò che c’è già, dai loro ascolti a un’osservazione manco banale del panorama nell’aria. Ma probabilmente bisognosi di un produttore artistico che li faccia esplorare anche altro dall’angusto quadrato entro i quali attualmente si collocano: qualcosa del tipo Find me animal o Fingers and nails dei Disco Drive è alla loro portata.

Heat attacca come da recente trend in percussione afroide e incede invece al modo dei singoli UK che NME celebra (celebrava?) ogni 2×3, notevole il passaggio dopo la metà. Quale plausibile estratto si presenta anche Old skool music call, anche se non si sa bene a quale school faccia riferimento, non certo quella rap. Com’è che ogni traccia, muovendo da presupposti diversi (un inizio che si fa attendere, ad esempio, in Frequencies), arriva sempre al dunque del groove p-funk o electrock? Twister Honolulu non fa eccezione: basso bello potente, linea di synth impeccabile, è musica spacciata nei kumar solarium con le trabant parcheggiate fuori e l’ultimo ospite che attende Bobby Perù senza voler sedurre ma ringraziando la batteria elettronica… Sfiziosa D.A.M.I.R., chissà se rivolta al noto giornalista serbo-veronese, ove il cantato si fa più convinto e le vitamine abbondano, ma la vera svolta pare arrivare solo all’ultimo dei sei brani in tracklist, con la lunga Try, try, trytone, più scura nel senso wave, ma meno schiava del beat che pur restando grasso non ossessiona il ritmo, fino al ritornello brit’80 Depeche-oriented deragliante in coda ipnotica di cerchio che gira. Queste sono soddisfazioni! Forza, che le doti ci sono tutte e c’è tanta musica là fuori che aspetta di essere compresa e interiorizzata: e non tutti, allo stato dell’arte, ci possono mettere le mani.

Antenna Trash - “Try, try, trytone
(in anteprima assoluta per Italian Embassy)

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