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Capitan Love, sublime bric-à-brac

“I’m not a fat clown” canta Raniero Spinelli in A catarthic song, a stridere col suo passato di Erotics (“Fat clown” era una delle cinque canzoni del bel debutto in stile bluriano assieme a Gigi Patruno). Ora il pop-autore udinese, dopo troppi anni di silenzio, plasma con l’autoironico titolo “The wasted years of Capitan Love” una release più lunga, che ha i crismi del buon gusto. Per di più in free download.

Il volo del maggiore Tom ispira il funk bianco virato discomusic della titletrack, con Electric Light Orchestra e Scissors Sisters a osservare benevoli, il duetto lui-lei nello spazio è nella storia di questo album, con tutta la mercanzia bric à brac degli Architecture In Helsinki stipata a riuscire invero congruente. Blow into the sky over ritmo per l’headbanging fregandosene dell’esile e nasale voce del Capitano, vince un songwriting -valido sotto qualsiasi forma si porga, anche quelle non contenute nel disco- di coretti e luminarie acconce, montate per Natale e dimenticate per tutto l’anno sui viali, che ogni tanto impazziscono.

Invece Lo stagno delle rane boc boc riduce a scheletro i Pavement di We dance (in italiano l’avrebbero suonata così i Carpacho, come altri pezzi si situano adiacenti ai Vegetable G), mentre Kitchen flower è un bellissimo esempio di “apocalisse in cucina”: un meteorite travolge anche musicalmente un’anziana coppia che fluttua assieme a Lucy coi diamanti, il brano varia vorticosamente in pochi secondi esaltando chi gli si para davanti. Tra casio e citazioni non solo beatlesiane (Beach Boys?), si può far conto di trovarsi a una b-side sfuggita ai tardi Belle And Sebastian, tirati per la giacchetta da una parte dal Barrett più pop, dall’altra dalla pomposa arena degli Arcade Fire. E il meglio deve ancora venire, prima con la genialata di Ennio -unico brano in italiano- a rispondere, letteralmente, ad un vecchio brano su Flaiano firmato da Marzipan Marzipan, ponendosi quale invito (a cercare più a fondo, the answer is blowing in the wind) innestato praticamente sul corpo primigenio, poi con Rose, forse il più bel brano indiepop ascoltato di recente in Italia, tutto da fischiettare in bicicletta quando fa appena più fresco, floreale e familiare. Non so se si riesce a notare a sufficienza quanti quadri differenti espone questo allestimento artistico, come un template di tumblr: I fall down on the grass è giocoforza non aliena allo Stuart Murdoch post-twee sulla via degli Smiths e dei Pastels, per non dire della Sarah Records, che fa un po’ la figura del vaso di coccio rispetto alla fine, data da una The sky tonight dalla melodia facile e inattaccabile con gli archi sintetici che la coprono come una pergola di frasca, il cielo si fa fosco e chiuso e si respira tutta la malinconia del temporale, nuvole grige che nascondono i raggi brillanti di un sole assoluto. Solo uno dei tanti contrasti pensati, fra ironia e serietà, naiveté e cura dei dettagli, anche all’interno della medesima canzone che fanno di “The wasted years of Capitan Love” una delle uscite più gradevoli ed eclettiche in circolazione sul mercato indipendente italiano, quelle che hanno la forza dei classici e fanno centro al primo colpo.

Capitan Love - “Kitchen flower

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