Top

Penisola deserta/Fulvio ReddKaa Romanin

Giugno 15, 2009

Fulvio ReddKaa Romanin suona con Madrac e produce dischi con ReddArmy. Nella sua attività di webmaster cura anche, tra gli altri, i siti di Italia Wave e Rototom Sunsplash.

Jovanotti - Safari
Tecnicamente sarei un rapper. Dicono, pare. Tecnicamente alla parola “Jovanotti” dovrei scappare urlando a gambe levate, o tirare fuori delle katane avvelenate e sieropositive pronto a colpire il delirante nemico. No. Straordinariamente “Safari” di Jovanotti entra di potenza nella mia top 10 degli anni zeranta per una semplice, sola, preziosa ragione: è un disco EMOZIONANTE, e ascoltarlo non è sottomettersi alle sterili frigne di chicchessia, ma è ritrovarsi - a sorpresa -  il cuore che batte di fronte alla apparente semplicità di certi testi o certi suoni che però vanno a colpire “dove serve”, come è privilegio e talento di pochi, di sempre meno. Punto, gioco, set, partita, amico; la musica è anche e soprattutto emozione: ti sei meritato il mio rispetto.

Caparezza - Le dimensioni del mio caos
Nel rutilante mondo dello show business Caparezza è la migliore persona che io abbia incontrato finora; l’unico che alla fine di ogni concerto, stanchissimo, senza avere mangiato, si metta a fare un “meet and greet” con ogni singolo fan. Non so se ci siamo capiti. Altro rinnegato del rap “classico”, per flow, originalità, idee, e setup teatrale dei suoi concerti è e resta uno dei più luminosi talenti che la musica italiana abbia espresso in questo decennio. E nonostante non ci sia una Fuori dal tunnel (e chi se ne frega, direi), “Le dimensioni del mio caos” è un gran disco, Eroe in testa.

Alessandro Grazian - Indossai
In un mondo perfetto, il viso gentile di Alessandro Grazian adornerebbe le maggiori testate nazionali, facendo impazzire le adolescenti, e mieterebbe il successo che altri urlacchianti “polygen del disagio gggiovane” (grazie Pelòdia) riscuotono al posto suo. Non è un mondo perfetto: forse lo è però “Indossai”, disco lontano anni luce dai fragori a cui sono avvezzo, ma che spicca per eleganza, poesia e raffinatezza di arrangiamenti, dove la bellissima voce del nostro si intarsia tra le calde stoffe dei suoi suoni. Musica, per dirla in corto, e musica di classe stellare. Se Grazian riuscisse a scuotersi di dosso qualche leggera tentazione elitarista/mitteleuropea che ogni tanto lo cattura potrebbe ampliare lo spettro della sua audience, ammesso sia quello che gli interessa, e riscuotere il successo che merita, e che gli auspichiamo.

Primo + Squarta: Radio Bomboclat
Nell’ambito strettamente hip hop, “Radio Bomboclat” è il migliore dei dischi italiani degli anni zeranta. Pochi cazzi. E nella mia personale classifica di rap italiano finisce appena sotto “SxM” dei Sangue Misto e “A volte ritorno” di Lou X. Ed è bello e consolante trovare un disco nuovo che valga quanto i “grandi classici”. Con più spessore dei vari Fibra e Dogo che hanno popolato le classifiche, musicale, “suonato”, a tratti anche sorprendentemente poetico, “Radio Bomboclat” non solo conferma Squarta come uno dei primi beatmakers italiani (e ci mancherebbe altro) ma eleva Primo Brown a “primus inter pares” (buona questa, nda) nel campo dell’mcing italiano. Bello, originale, potente, sempre nuovo

Otto ohm -  Pseudostereo
Misconosciuto capolavoro della musica italiana, “Pseudostereo” è un disco straordinariamente “avanti” per l’anno in cui uscì: testi assolutamente splendidi, forse tra i migliori sentiti nello stivale, a modo loro romantici fino allo straniamento, suoni che a sei anni di distanza restano non solo attuali ma addirittura precursori delle mode: certe soluzioni dub che ora sono in auge all’epoca erano un vezzo di pochi. Disco bellissimo, benché da non sentire quando si è giù di morale.

Elio e le Storie Tese: Made in Japan
Elio e le Storie Tese sono il più grande gruppo italiano degli ultimi venti anni. Punto. Il resto sono chiacchere da osteria o da fanboys lontani da youporn. “Made in Japan” è la loro summa, il loro “You can’t do that on stage anymore”. Forse prolisso ed autoindulgente, resta comunque una stele di Rosetta da studiare per le generazioni future di smanettoni delle sei corde basso batteria, ed un disco molto, molto, molto divertente. E certo “se non avessero cantato di stupidaggini”: beh, chi se ne frega delle stupidaggini; in un mondo di gente che si erge suo proprio a profeta dall’alto della propria cameretta adolescenziale, forse c’è anche bisogno di una buona risata.

Bande Tzingare - s/t
Un disco in friulano all’interno della mia hit parade? Maccerto: “Bande Tzingare”, l’omonimo disco di debutto del progetto di Guido Carrara, già Mitili Flk, non ha veramente nulla da invidiare alle maggiori produzioni nazionali. Cosmopolita per natura (registrato tra Argentina e Friuli) e suoni, raffinatissimo, il disco guarda in alto, altissimo, sopra le nuvole, con dei pezzi per i quali la lingua friulana dovrebbe dare d’autorità un Bacchelli a Guido. Poesia pura.

Planet Funk - Non zero sumness
Wikipedia riporta i Planet Funk come “gruppo italiano”. E allora sia: “Non zero sumness” è una bomba, un disco con una freschezza ed una “familiarità” dei suoni assolutamente straordinaria; “pop cristallino”, avrebbero detto una volta. I Planet Funk sono stati un successo planetario. Beh, se lo sono meritato. Non c’è molto altro da dire.

Alborosie - Pirate soul
Sette anni di Sunsplash mi hanno non solo fatto crescere gli anticorpi al reggae che prima detestavo, e non solo me l’hanno fatto piacere, ma addirittura lo produco ora. Che razza di legge del contrappasso. In tutto questo, dire che Albo non sia il re del reggae italiano ora sarebbe mentire: successo mondiale anche per questo ragazzetto che ha lasciato l’italia per correre il Grande Rischio di andare a far gavetta in Giamaica. E le sei settimane di “Herbalist” in cima alle charts jamaicane, e le oltre trecentomila copie vendute del disco la dicono lunga. E’ tempo di muovere i fianchi, babes…

Subsonica - Amorematico
Confesso: non sono un grande fan dei Subsonica. Nell’ascoltarli non mi sono mai strappato i genitali per gettarli in un gorgo infuocato (c’è da dire che lo faccio di rado, nda); sarà una certa estetica gelido-fighetta, dei testi forse un pò troppo “non ti dico ma per questo devi capirlo” ma non mi sono mai davvero affezionato a loro. Dire però che non siano uno dei gruppi italiani di questo decennio che resteranno sarebbe commettere una atroce ingiustizia. Chiamateli mainstream, se volete, ma hanno definito molte delle coordinate della attuale musica italiana.

in panchina:

Mole - Nero viaggiatore
Forse esiste un paradiso per i produttori. E forse, dico forse io ci entrerò mettendo un piede nella porta grazie ad Amuru Jazz.

Fabri Fibra - Mister simpatia
Copia Eminem e Necro? Forse. E’ registrato in un tombino? Forse. Si è svenduto dopo? Forse. Ma mister simpatia te lo ascolti e alla fine sai di avere ascoltato qualcosa che ti ha colpito come un pugno in faccia. E non è poco.

Microspasmi - 16 punti di sutura
Se esiste un premio per il rap underground, Medda e Goediman lo vincono di potenza, condiviso con i più ancora sconosciuti

Dodici Hertz - Beta coupè
Non so se sia rap, nel senso stretto del termine, ma l’omonima Dodici hertz è uno dei pezzi più belli del decennio. Punto.

Condividi:
  • Facebook
  • Print this article!
  • Turn this article into a PDF!
  • del.icio.us
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • MySpace

Comments

Comments are closed.

Bottom