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Penisola deserta / Stefano Bartolotta

Giugno 23, 2009

Stefano Bartolotta scrive per MusicBoom e cura il blog The Round Mount.

Baustelle – Sussidiario illustrato della giovinezza

La parola “illustrato” presente nel titolo è la chiave per comprendere il potere di questo disco, che non si limita a rievocare situazioni e stati d’animo propri “della new wave da liceale”, ma riesce a creare delle vere e proprie immagini perfettamente esemplificative degli sconvolgimenti interiori, dolci o repentini, piacevoli o distruttivi, di quando eravamo teenager.

Yuppie Flu – Days before the day

Un disco che ha dato consapevolezza a tutto l’ambiente di come fosse possibile, anche all’interno delle quattro mura di un Paese che ci è troppo spesso sembrato provinciale, realizzare un lavoro di stampo autenticamente internazionale. Non più uno scimmiottamento di modelli d’Oltralpe, ma un risultato dotato della forza compositiva, sonora ed espressiva in grado di porlo sullo stesso piano di produzioni ispirate e raffinate provenienti sia dagli Stati Uniti che dall’Europa continentale.

Valentina Dorme – Capellirame

Una morbida spirale a tinte scure che non conduce alla depressione o in generale a sensazioni particolarmente negative, bensì rapisce stordendo ed annebbiando i sensi, spogliando l’interiorità dell’ascoltatore affinché essa, nella sua nudità, si conceda completamente al trasporto di vivere storie incalzanti e torbide, con l’istinto e la riflessione che cercano di sopraffarsi a vicenda.

Perturbazione – In circolo

In un mondo giusto, questo disco sarebbe considerato il paradigma del romanticismo musicale moderno. Esplorazioni poetiche e centrate di tutte le sfaccettature dell’amore, un aspetto della vita di ognuno che, volenti o nolenti, influenza in modo determinante tutto ciò che riguarda gli esseri umani, sia nella sfera della quotidianità che in quella dei progetti più ad ampio respiro. Si può essere romantici non solo parlando d’amore, ma anche riflettendo su questi aspetti appena citati, e il disco lo fa in modo magistrale

c|o|d – Preparativi per la fine

Un disco emozionante da qualunque punto di vista lo si consideri, a partire dalla sua genesi tormentata, passando per lo straordinario songwriting, le scelte a livello di arrangiamenti ed in generale di produzione artistica, il timbro vocale ed infine i testi. Se fosse uscito nel 2001, ovvero quando la Virgin lo rigettò, avrebbe anticipato tutto ciò che, a partire dall’anno successivo, è stato definito come “indietronica”; invece è uscito nel 2005, ma resta intatta la capacità da parte di Emanuele Lapiana di colpirti al cuore grazie alla bellezza ed alla forza espressiva non soltanto dei singoli elementi sopra citati, ma soprattutto delle interazioni tra essi.

Offlaga Disco Pax – Socialismo Tascabile (Prove tecniche di trasmissione)

L’estate del 2005 sarà sempre legata al ricordo di questo fenomeno che si allarga a macchia d’olio grazie al passaparola tra appassionati e che diventa, quasi senza accorgersene, un nome tenuto in considerazione da un pubblico ben più allargato rispetto alle poche centinaia di soliti noti. Merito senz’altro dei testi e della declamzione di Max Collini, efficaci sia nello snocciolare passaggi buoni per essere citati in milioni di circostanze, che soprattutto nel concretizzare un pensiero secondo cui “siamo nostalgici per i bei tempi andati, ma sappiamo benissimo che non era tutto rose e fiori”. Non va comunque sottovalutata la capacità della parte musicale di essere molto più di un accompagnamento, visto come possiede una forza dinamica ed espressiva assolutamente propria.

Grimoon – La lanterne magique

Amano definirsi “un’orchestrina un po’ sgangherata”, ma i Grimoon, in questo esordio, mostrano, grazie ad un talento compositivo fuori dal comune e ad un suono in cui vintage e moderno interagiscono tra loro in modo semplicemente unico, di avere grande consapevolezza sia dei propri mezzi che del modo in cui usarli al meglio per ottenere la concretizzazione della loro idea di un pop cinematico leggermente velato di noir. Da portare sull’isola deserta anche perché può essere utile nel caso in cui non si voglia solo ascoltare qualcosa, ma anche avere un supporto visivo: nella confezione c’è un DVD con un film di un’ora più diversi video che accompagnano la band nei concerti, complemento necessario a cogliere l’immaginario dei Grimoon in tutte le sue sfumature.

Verdena – Requiem

E dopo anni nei quali i Verdena sono stati accostati per migliaia di volte al mondo grunge americano dei primi anni Novanta, ecco il loro disco più simile a quello stile musicale, ma anche il loro migliore finora. Perché all’evidenza dei riferimenti si accompagna un’intransigenza quantomeno insolita in tempi come questi, in cui i gruppi cercano, chi più chi meno, di scovare un trucco per ottenere un posto al sole nei consensi del grande pubblico. I Verdena no, sbattono in faccia all’ascoltatore 15 tracce ruvide ed abrasive e che al contempo mostrano una ricerca sonora molto più approfondita che in passato. Un disco difficile, scorbutico eppure, o proprio per questo, emozionante.

Piccola Bottega Baltazar – Il disco dei miracoli

Ispirarsi a Buzzati ed alle tavolette ex voto scovate in un tempio di Santa Rita da Cascia significa già da subito far capire che la propria proposta sarà retrò, ma che più retrò non si può. E in effetti l’ascolto del disco conferma in pieno questa dichiarazione di intenti: la scelta di che strumenti usare, di come usarli e di quanto spazio dare ad ognuno di loro, l’impostazione del cantato, le storie di ordinaria quotidianità che per la maggior parte sembrano tratte da quadretti di tre/quattro decenni orsono, gli stessi nomi dei protagonisti (dalla bella Listilina alla contessa Bacigalupo). Ciò che rende fantastico questo disco è la particolarità della sua forza espressiva, che inebetisce l’ascoltatore e lo rende quasi bambino, per come provi un misto di fascino e stupore nel vivere lo svolgersi di quest’opera. La rivendicazione definitiva del primato del vintage in fatto di genuinità.

Paolo Benvegnù – Le labbra

Se questo non è il disco cantautorale perfetto, ci va comunque piuttosto vicino, perché, da qualunque punto di vista lo si voglia analizzare, troviamo sempre un’espressione artistica ai massimi livelli. Il songwriting è raffinato ed incisivo, l’interpretazione di ognuno dei musicisti è magistrale nel far sì che ogni singolo suono non risulti mai un mero accompagnamento, ma dia invece un contributo determinante all’altissimo tasso di emotività dell’opera, ed infine i testi, veri e propri coltelli che si rigirano impietosi nelle piaghe sentimentali di ognuno di noi. Ognuno di questi elementi trae linfa vitale dagli altri, ed il risultato è un’esplosione di sensazioni senz’altro non piacevoli, ma estremamente forti ed autentiche.

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Comments

One Response to “Penisola deserta / Stefano Bartolotta”

  1. The Round Mount on Giugno 23rd, 2009 13:04

    Penisola deserta…

    Enver mi ha chiesto di elencare, motivando le mie scelte, i 10 dischi italiani che mi porterei su un’isola deserta. Potevo forse tirarmi indietro di fronte a questa richiesta? Certo che no. E allora ecco quelli che ho scelto. Devo dire che ho fatto be…

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