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Che cosa vi ho dato? Tanta musica

Novembre 24, 2011

Cari tutti e tutte,

quando nel recente passato paventavo questo momento presente, ero sicuro mi sarebbe dispiaciuto molto di più di quanto mi dispiaccia ora. Segno che è il momento giusto per dire basta e staccare, prima che il dominio scompaia tra pochi giorni, e non ricordo ormai più quante righe copre questa parte nel form di wordpress elaborato dal sempre ottimo Fulvio Romanin, prima di arrivare alla foto. Poche? Troppe? Clic.

Ma come -qualcuno potrebbe chiedersi- proprio ora che le sorti del quotidiano di Parma al quale ho prestato la mia opera di redattore sono quantomai incerte, intermittenti, volte al brutto, e quindi magari torna il tempo per occuparsi di nuovo seriamente della comunicazione, informazione, promozione riguardo le musiche indipendenti italiane, anche verso utenti esteri? Sì. Non tanto perché io non sia più informato dal succedersi delle cose musicali, anche se ho perso passaggi specie relativi al folto apparato di notizie, territoriali e non, che erano una delle forze di Italian Embassy.

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Sun, Runaway, Memory Boy / Charts’10

Dicembre 15, 2010

Sono pigro. Non ho voglia di scrivere molto. Quindi perché lo-fi, direte voi. Per tradizione, per rispondere a chi chiede la fatidica questione. Un jpg da Blow Up, potenziato il giusto con un discorso più generale, e ritengo di aver assolto il mio compito e condannare me stesso allo schiavare le cateratte di ulteriori specificazioni. Specie in un anno universalmente buono in musica come è stato il 2010.

Già detto delle band italiane, ottime e abbondanti, il discorsillo potrebbe attecchire partendo dalla vis psicoelettronica che ha istoriato gli ascolti di Four Tet, Caribou, Flying Lotus, Jaga Jazzist -acidità anche grazie a Gonjasufi e Deerhunter- a bilanciare il maestoso bisogno di canzoni, di storie narrate, di motivi (e quindi tutto il carrozzone pop e folk e autoriale e sgangherato e glam e strappabudella che c’è nella lista). Propositi: ascoltare più musiche “del mondo”, farsi culture di testi rap USA, scoprire, scoprire. Intanto teniamocelo caro questo 2010 di sovraccarico, non ne capiteranno spessi.

God help the music / Charts’09

Dicembre 17, 2009

I cd sono modernariato, intesi? Le liste di questo tipo le fai perché te le chiedono, spesso senza poter o dover dare spiegazioni alle proprie scelte. Tirano le canzoni, le playlist, la ricomposizione casalinga dei files a uso e consumo del momento, lo streaming da ogni dove (quasi, aspettiamo Spotify in Italia) a ogni dove. Non è faccenda di “musica liberata”, capito? Ma di bandire nostalgie e anacronismi riservandoli alle cose più serie della vita, la partecipazione politica, i diritti, il denaro copioso, le donne e gli uomini che non abbiamo più.

scatto di Elena Morelli - avisiblesignofmyown.com

scatto di Elena Morelli - avisiblesignofmyown.com

Annus horribilis? Quasi. O forse sono io che non ho prestato troppa attenzione a chissà cosa, preso dai miei daffari e doveri pure musicali. Magari chissà, col tempo cresceranno i Real Estate più di quanto lo stanno facendo, oppure la bolla drugapulco(TM) durerà oltre i limiti consentiti dal bell’album di Neon Indian, questo solo per citare le due ultime infatuazioni. Certo è che complice l’esubero (in molti sensi) ho sentito il bisogno più di “disc jockey a parole” che di tali e tanti dischi che pure ho amato, e che probabilmente ha ragione Inkiostro quando dice che se il meglio del 2009 sta negli Animal Collective, che pure trovate capofila nella mia chart, allora per il pop e in generale per la musica fatta con intelligenza è stato un 2009 se non triste, sottotono, votato al riflusso anti-indie verso il suono classico da radio in West Coast 1971. Anno scialbo e faticoso, presto dimenticato, praticamente non vissuto.

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Nella migliore tradizione

Gennaio 18, 2009

Quando alle 18 di un giorno qualsiasi la giovane umanità verrà convocata al giudizio universale, o almeno a quello per il primo decennio  dei XXI secolo, il nome dei Röyksopp sarà ricorrente accanto agli altri che lo stanno segnando dal suo inizio o poco più (Franz Ferdinand, LCD Soundsystem, TV On The Radio, Okkervil River: solo alcuni, non sto rilasciando giudizi di merito ma solo di persistenza).

Dopo un primo disco stratosferico, còndito di singoli e remix davvero rilevanti, i due norvegesi hanno proceduto fra pochi alti e molti bassi: già nel maggio 2005 un singolo brillante come Only this moment non vide poi mantenute le promesse dall’album “The understanding” in cui era contenuto, lessa riproposizione degli stili lounge-club di qualche anno prima.

Si spera che il copione ora non venga ripetuto con Happy up here e “Junior”: il primo singolo verrà pubblicato il 9 marzo, nel frattempo è già possibile ascoltarlo in streaming sul sito della band, e a dirla tutta conquista da subito, grazie al suo “reminding” verso una summa dei migliori episodi storici, Eple su tutti. Il cd uscirà il 23 dello stesso mese, e conterrà collaborazioni con Lykke Li e Robyn.

Enjoy (se fossi un blog hipster direi OMG! WTF! !!!!111!!eleven! e sbaglierei dizione/punteggiatura):

Royksopp – “Happy up here

Romesick – parole a caso

Gennaio 7, 2009

Il 2009 è iniziato alle 17.20 del 31 dicembre 2008. “Altro che grandi aspettative / non ci aspettiamo più niente”. Leo Mantovani su Facebook, a quando Danilo Fatur? Cavi dispettosi si aggrovigliano da soli dentro la borsa, si cercano e attorcigliano con proprietà e senso per lo sberleffo. Fosse per me ascolterei solo l’ultimo Fossati. “Emmanuelle“  dei Blind esplode i suoi brandelli in cielo. Quanto è comune l’errore “celebrale”, “celebroleso” (leso nella celebrità?) in luogo della lettera erre. Le pose e il cuore, le canzoni dei Trabant. L’idea della pioggia sarebbe potuta venire a me, cantava Patrizia nei Les Enfants Terribles, saranno passati dieci anni. La copertina del tomo di Vasco Brondi è fatta per screpolarsi alle prime piogge, lui immanente in tutti i discorsi con tutte le persone, parole a caso. Fantacalcio metafora della vita: voglio solo cose che altri non abbiano già. Ho fatto il pieno di bellezza: luminarie Pasquino la banda il capriolo bianco gigante il diluvio. Tipica di un paradigma. Immunizzati dall’arte moderna, a parlare di Morgan. fusa fusi confusi, struscio nei vicoli tra via del Corso e piazza Navona, paparazzi in via Condotti, la dolce vita, magia dello zucchero filato, porchettari indiani, vocabolario. Nebbia a Roma est, scopro i Morphine e i Chap. Malato di Roma. Sul nuovo TAV pare di stare in aereo, con gli mp3 in cuffia è come camminare sulle nuvole. Il treno non fa vedere le stazioni di transito, conta solo il viaggio. Tigna di Juve mai morta. Tutto tutto, tutto niente, un paletot bordeaux fuori da tutte le mode. Metaromanzi su facebook. Max Vernon e la sua cover di Katy Perry, non la canzone di mezzanotte, bensì la suoneria vecchia. Il disco di Dente che sale, sale e non fa male. Canzone per un’amica, ciao Sylvia. “Ma i xe tuti imbriaghi desfai qua?” dicesti al mio compleanno del 95, quello in vhs. Prouduzioni. Fanti cavalli cani ed un somaro. Fave di fuck. Casalogic non ha più la scritta Logic sul campanello. A Chioggia un cielo mai così azzurro, solitamente è bianco quando non grigio, incolore, ospedaliero. Diego mi fa conoscere “The inbetweens” dei Magistrates. 2009 fuga da Myspace.

Unità di produzione

Dicembre 23, 2008

Ormai vi abituo alle premesse. Ho amato alla follia “CRX” dei Casino Royale (“il più bel disco del 2006 fatto nel 1996″, disse mi pare Renzo, a fronte del loro ultimo disco, così ’93) ma da nichilista non speranzoso mai ho creduto fino in fondo allo storico inciso “ogni stop è solo un altro start”. Da queste parti il milanesissimo concetto di “chance” in luogo di una pragmatica, welfaristica “certezza” non ha mai attecchito. Quindi, dal recente giorno della mia tardiva uscita da EPolis (la catena di quotidiani free che mi deve circa 8mila euro non pagando le collaborazioni fin dal luglio 2007), non si sarebbe potuto parlare di salto nel vuoto solo perché già vi ero dentro.

Imparai a leggere a tre anni, grazie alle lettere magnetiche e alla sterminata libreria di casa, ma non escludo di aver blandamente compulsato anche l’austero font di quel giornale quotidiano che mia madre andava a distribuire la domenica nelle frazioni di campagna, ai pochi lettori sicuri stanziati da quelle parti. Lo stesso giornale che trovavo dispiegato sopra i tavoli nella sezione del partito in calle Padovani, affisso alla bacheca in piazza, sotto il braccio dello zio ogni qualvolta nei sabati di settembre si andava in Emilia ad ascoltare il comizio di un mio celebre omonimo. Il quale omonimo, va da sé, mi prese in braccio e autografò proprio uno di quei fogli all’inaugurazione di una sede nel Polesine, il 1° maggio 1984: un mese dopo lui non ci sarebbe stato più e oggi qualcuno ancora ne parla con rimpianto.

In età più avanzata, L’Unità comparve sempre più spesso nella nuova casa, in virtù del restyling che la portò a sdoppiarsi, a regalare figurine e vhs, ad ospitare firme illustri con cui trovarsi d’accordo sulla impervia strada che aveva preso il Paese. Qualche scricchiolio quando la riga sotto la testata diventò blu, come al tempo del congresso ’95 che sancì il pappaeciccia con gli avvocati e Berlusconi applaudito dai delegati del Pds; ma anche l’appuntamento quotidiano con il meteorologico Michele Serra, “dov’è Wally?” e le copie storiche da incorniciare e archiviare. Fino a quando, per un po’, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci nel 1924 sparì dalle edicole a seguito di una crisi economica interna, per pubblicare simbolicamente sul web: da lì la risalita, con Furio Colombo, Antonio Padellaro, e ora Concita De Gregorio, Daniela Amenta, Renato Soru e un nuovo format(o), pure disegnato da Sergio Juan di Cases a Barcellona.

Quando mio padre -con cui mai ho vissuto e del quale non porto il cognome- venne a mancare nel 2002, appresi da mia madre, già artefice di “diffusione domenicale straordinaria” (si diceva così, lo ricorderà Max Collini degli Offlaga) in gioventù, che gli adesivi STAMPA collocati sulle sue sempre più recenti Peugeot erano dovute all’aver fatto da corrispondente per la medesima pubblicazione, prima di occuparsi specificamente di politica della pesca. E dalla sua eredità ricavai le copie che nel 1964 scandirono l’agonia di Togliatti, ora accostate ai tragici fatti padovani di vent’anni più tardi.

Se la formazione di una persona passa anche dalle letture, dagli orientamenti, dalla pratica quotidiana con l’informazione e le opinioni, certo si può dire che l’Enrico o l’enver che conoscete derivi anche da quelle stagioni di abbrivio infantile a una politica ingessata, di pubbliche manifestazioni tardoadolescenziali, dall’aggrapparsi alle pagine in momenti di forte disincanto per chi quelle pagine continuava a finanziare.

Ecco solo alcuni dei perché della mia commozione odierna, quando a pagina 3 dell’Unità, accanto alle firme prestigiose di Marco Travaglio e Sergio Staino, compare la mia di carneade, intenta ad ottenere risposte da Vasco Brondi / Le Luci della Centrale Elettrica. Non credo tale stato di beato autocompiacimento verrà meno col proseguire dell’esperienza, in quella o altre pagine interne, nè se la mia vicenda professionale di attuale freelance compirà un’escalation (sono prossimo all’età della pensione senza averla mai maturata…) verso qualcosa di più “fisso” e seriale: dimostrare ogni volta di esserne all’altezza, di ripagare la fiducia e di non “scomparire” dirimpetto alle firme di chi mi accompagna nella pagina, sono gli imperativi categorici per restare in quello che se non è un punto d’arrivo è sicuramente una grandissima gratificazione morale. Per intanto, grazie ai colleghi redattori di EPolis che mi sono sempre stati molto vicini, e soprattutto GRAZIE L’UNITA’ che mi ha accolto!

Funerali laici per i cd / Charts’08

Dicembre 12, 2008

Premessina: se qualcuno dovesse avere dei dubbi, in sede di compilazione delle superflue e indifferenti graduatorie di fine anno, può scorrere il brillante libello in pdf allestito dallo staff di Stereogram (Emiliano Colasanti e Giulia Blasi, col supporto grafico di Massimiliano Lancioni), dove può trovare le cinquanta cose più significative, commentate e latrici di suggerimenti per un ascolto dell’ultim’ora. Bravi davvero.

Al proprio destino nessuno gli sfugge: da che scrivo per Blow Up, e sono ormai quattro anni esatti, redigo le classifiche a fine novembre per le prime quindici posizioni, riempiendo nei blog di turno con ulteriori cinque. Data anche la conformazione del sito, questo, cui sto dando vita e impiegando energie, è plausibile una ulteriore valutazione per le uscite italiane, in pari numero: ne tratterò a brevissima distanza di tempo. Read more

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