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Che cosa vi ho dato? Tanta musica

Novembre 24, 2011

Cari tutti e tutte,

quando nel recente passato paventavo questo momento presente, ero sicuro mi sarebbe dispiaciuto molto di più di quanto mi dispiaccia ora. Segno che è il momento giusto per dire basta e staccare, prima che il dominio scompaia tra pochi giorni, e non ricordo ormai più quante righe copre questa parte nel form di wordpress elaborato dal sempre ottimo Fulvio Romanin, prima di arrivare alla foto. Poche? Troppe? Clic.

Ma come -qualcuno potrebbe chiedersi- proprio ora che le sorti del quotidiano di Parma al quale ho prestato la mia opera di redattore sono quantomai incerte, intermittenti, volte al brutto, e quindi magari torna il tempo per occuparsi di nuovo seriamente della comunicazione, informazione, promozione riguardo le musiche indipendenti italiane, anche verso utenti esteri? Sì. Non tanto perché io non sia più informato dal succedersi delle cose musicali, anche se ho perso passaggi specie relativi al folto apparato di notizie, territoriali e non, che erano una delle forze di Italian Embassy.

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JACOPO GOBBER

Dicembre 31, 2010

Il nome di Jacopo Gobber gira da molto tempo nel sottobosco italiano. Veronese, mentalmente autodidatta, il prolifico giovane scrive pop con ironia e gusto, deviando il corso degli affluenti: non dà mai niente per scontato, usando un italiano piano e provando per una volta con “L’estetica del lavoro”, album che vedrà la luce nei primissimi mesi del 2011, a sciogliere molte delle riserve intellettualoidi e ricercate senza sbracare nell’altro senso. Un pugno di canzoni credibili, unificate dal tema di cui al titolo, e qualche gioiellino in nuce: quanto occorre per far interessare, nella sfera del dover essere, eventuali buyer atti a finanziare la stampa delle copie. Intanto su Bandcamp c’è di tutto di più, passato e presente da godere.

Instant pop: I DEMONI, “Io e te adesso”

Agosto 23, 2010

L’altra sera sul tardi mi contatta un musicista italiano che per rispetto dubberemo Agnello’77, per sottopormi una sua scoperta romana, tali I Demoni. Apro il myspace e tremo al pensiero di cosa potrò trovare, roba satanica, “dèmone” è una parola che odio e che per me manco esiste, semmai demòni come plurale di demonio, diavolo, e in effetti la prima traccia nel player mi lascia lì. Nel dubbio se spegnere subito, mi addentro nelle altre, convinto dalla sostanziale matrice ingenua del combo, e scopro la perlona: Io e te adesso è di quei singoli col ritornello in folle che vanno bene tutte le stagioni, viene aperta da una sequenza di frasi killer mode Bianconi on (“e tu vuoi solo vedere come vanno a finire le storie d’amore nei film, se si sposano o no, e se si sposano: ‘oh,no!’ ” – oppure “sei la Maya Desnuda, tu sei Pablo Neruda, ma va bene lo stesso”…), e tanto bisogno di un produttore artistico, che sgrezzi le voci o le modifichi o le sostituisca, che sistemi quelle chitarre da birreria ordinaria e le doti di fascino britannico, esasperare le tastiere e togliere staticità sul palco, ammorbidire qualche scivolone lessicale… ma insomma ci siamo capiti, il pezzo c’è e ha tutte le carte in regola per non togliersi più dal cervello, dalle frasi killer al mood Strip Squad al refrain, come sempre più di rado avviene. Accanto ai Pariolini di 18 anni de I Cani, è il segnale che la gioventù pop della Capitale ci sa fare e già partorisce le cose che dovremmo cantare tutti i giorni, sovrappensiero. Andate, e moltiplicatela:

Instant pop: I CANI, “I pariolini di 18 anni”

Giugno 8, 2010

Succede che ti chiedano il contatto sul social network la mattina, vai a vedere la pagina soundcloud, trovi un brano e te lo porti dietro per tutto il giorno, lo fai ascoltare ai vicini di casella sul web, ne ottieni analogo feedback e ti convinci che è veramente una cosa degna di nota, quella canzone, quel testo, quel modo. Quel moniker: I Cani, dietro il quale si nasconde -non si sa per quanto- un ottimo esponente della scena electro romana, Quel titolo, I pariolini di 18 anni, che c’è bisogno più di qualche volta di sentirsi parte di qualcosa di universale. Conoscendo la mia cinofilia, rimetto a voi i miei debiti, come voi avete fatto con i vostri debitori:

I pariolini di 18 anni by I Cani

manzOni

Febbraio 28, 2010

Può suscitare ilarità il conio di Divisione Futuro applicato ai manzOni, come se il frontman non avesse 56 anni e il progetto non nascesse da macerie di una gloria virtuale. Ma se ce l’ha fatta tardi Susan Boyle, perché non Gigi Tenca, che come donna è molto più bello? Prima, molto prima, c’erano i Maladives: tappe bruciate, la vittoria a Rock Targato Italia 2000 quando ancora forse contava qualcosa, poi improvvisamente splittati proprio mentre altrove il modello di liriche fuorvianti e tempeste di chitarra à la Sonic Youth e Mogwai stava prendendo piede fuori dall’orbita Massimo Volume.

Nuova la line-up, con l’ingresso di Fiorenzo Fuolega e Ummer Freguia a supportare i membri storici Emilio Veronese e Carlo Trevisan; inedito lo schieramento senza basso, con i chitarristi ad alternarsi al seggiolino delle pelli, e una loop machine quale variabile non impazzita. Il resto ce lo mette sempre lui, Gigi Tenca, magnetico attore-reader-interprete-centro di gravità gravosa che grava e gravita sotto il peso della propria vita, un Aidan Moffat lagunare cui basta sostituire la vocale finale del cognome per trasformarlo in cantautore dall’esito noto. Al momento manzOni sono otto brani registrati, qualche sporadico live prima del lancio in due stadi -primavera e autunno, è musica equinoziale- e, chissà, l’interesse di coloro cui Le Luci Della Centrale Elettrica e Moltheni non sono certo indifferenti.

Cosa ci sarà è tipico suo pseudocantato che spezza le sillabe. Poche note e per lo più in loop: pianti senza lacrime come questa canzone, Gigi è stonato ma importa quello che dice non come, per chi lo conosce appare reduce dai modi di un decennio fa. Ma le nuvole sul Sessantotto e la voce che scompare sotto il diluvio shoegaze sono distintivi. Maria, pesante cronaca gigitenchiana in ritratto, scorticata come baco da murazzo in pietra d’Istria, fenditura nella diga dove s’infilano topi e bottiglie vuote. Scappi la più bella, adulta, consapevole, ricordo passato di un uomo vecchio, infinito. L’ancestrale amore per le piante, per i particolari, tutto 100% Maladives. Per qualcuno un deja vu, per altri una folgorazione: “se la vuoi, è qua”. Tu sai: loop e sforzo, tormento vocale, urla dell’uomo messo all’angolo, drumming astringente del neofita, chitarrismo sonico che si sovrappone (quattro i mezzi impiegati). “Chiedi chi erano i Maladives”, li ritrovi tutti qua dentro, e in Anna secondo estratto, secondo ritratto: la forma più easy delle chitarre leggere e classic pop dissimula contenuto del consueto tenore. “Non hai mai un pensiero dolce e positivo”, lo accusò bonariamente un collega locale. Ora che ha più anni e meno voce, Tenca non ha nemmeno più il motivo di cercarlo, quel pensiero, nelle biografie altrui. Ray Moon via di tremolo abbestia, malinconia di neve da dietro ai vetri. “Ho saputo che ora stai bene, me l’han detto in coro la luna, un rhum e Nick Cave”, spazzolini dimenticati nel trasloco (cfr. Defonseca?) e profumi che vengono spruzzati per traviare l’assenza, la tragedia di marmo che cammina sempre più minacciosa sulla tempesta di feedback. Catarsi che trova conferma nella necessaria Scrivo, ovvero il manifesto che parzialmente smentisce, negli intenti, il dubbio di cui sopra, per poi autosmentirsi a sua volta. Il testo andrebbe riportato per intero e interiorizzato prima di ascoltare qualsiasi altro brano di manzOni, quasi otto minuti di “ho scritto d’amori perduti, voglio liberarmene, d’amore non voglio più scrivere, sono stanco di immaginare la mia morte, di morte non voglio più scrivere, sono stanco di scrivere di ideali sconfitti e mancate vittorie, sono stanco di scrivere con le lacrime, voglio scrivere con il sorriso di colori che non siano il nero”… pedante conferma per pochi utenti (Dolce estate, Non ho bisogno di te), novità assoluta per gli altri, ad ogni sostantivo il suo colore e un urlo, stream of consciousness del più tetro dolore mentre chitarre e loop si sfaldano postrock come nuclearizzate alle fondamenta. Infine Sale, “di fiori di frutti e di nient’altro”, recitava all’incirca una vecchia locandina dei Maladives: è uno spoken word molto vicino alla melodia, sul modello di Brizzi coi Numero6, solo che dietro e spesso davanti ai testi iperrealisti e privi di soverchie suggestioni che non siano immediatamente fotografiche presenta suoni aguzzi, rock senza apposizioni, votate a creare il pathos per la liberazione del frontman (da se stesso, direbbe Scrivo) quale struttura standard. Non cercate eccessivi metri di paragone: ora come allora, non ci sono.


FAUVE! GEGEN A RHINO

Febbraio 24, 2010

Avere vent’anni, stare a Firenze, fare la propria cosa sapendo che nessun altro dalle tue parti la fa. Darsi un nome sassone, composto, bestiale e orientarsi verso il mondo: Fauve! gegen a Rhino sono il qui e ora, le otto tracce del loro nuovo demo “Geben” evocano colori in namedropping (per gli interessati, le influenze sono squadernate sullo space, e sono tutte quelle che potete immaginare nel 2010).

Une fauve: c’est née! debutta in società facendo pulizia del superfluo, risuonando folktronica di pecore elettriche. Carol introduce elementi che tarzaneggiano fra le liane avulse della parola, della chitarra, del noise e della variabile inconsulta. Finisterrae non è la fine del mondo, c’è ancora lugubre attesa in apparente stasi che è decisione sul da farsi prima di macroesplodere dallo spleen oceanico. Agorà è spazio aperto, lo dice la parola stessa: un martello analogico che inchioda alla parete il presupposto Battles di certa elettronica Rechenzentrum, storpiata dal replay in loop. A history, an angel: vento e sintesi sperimentale facile, procedono le chitarre prima roche poi in disarmo sopra un modesto bit economico, indi di nuovo tese nel garage. Buskash langue al funerale che dimentica il generatore acceso e una scarica di effetto-telefono in glitch si addensa sul turbine di chitarre malate. Interlude (flaneur… piano) comincia sempre alla stessa maniera col reverbero digitale, stasi krauta di valvole e pianoforte richter in una stazione spaziale, Uilab che impazziscono. Parousia il brano migliore, scheggia di primi anni duemila islandofili e Morr, comincia a vivere dopo 1’20″, subentrano strumenti e sui due minuti si costruisce il frullato che monta tra convulsioni acide e cardiologia IDM, campioni, ipnagogia lo-fi e spleen Animal Collective presto dilaniato dalle motoseghe grindy, la pazza canta la sua ninna nanna quando il bombardamento svanisce e volteggiano elicotteri, undici minuti di trip che si rigonfia di bassline sporgente e arpeggi grevi che spazzolano i minuti e fanno un deserto calpestato da una sola, finale ambulanza. Fossero canadesi arriverebbero d’importazione e tutti giù a farne un culto, scommettiamo?

Fauve! gegen a Rhino – “Parousia

F!GAR3

FROMWOOD, da Cosenza al gotha new jazz

Gennaio 17, 2010

Metti una sera a cena con lo Sciamano del Bosco. Il forbito inviato MC Comme ça incontra a Cosenza la nuova speranza del newjazz/breakbeat internazionale, Fromwood: uno che incide per la mitica Irma Records e presto avrà un suo remix di Little Dragon nella stessa release che farà campeggiare il nome di Carl Craig. Per la serie, quando i talenti li abbiamo in casa.

FROMWOOD e’ Pier, cosentino, gloriosa classe 1975. Negli ultimi due anni e’ passato dal suo home studio a lavorare per Irmarecords (produzioni originali e remix), Atjazz Record Company (remixer), Peacefrog Records (remixer), Minimal and Melodies Music (remixer). Pier quest’anno spacca tutto, ha talento che la metà basta. Parola di mc comme ça.

mc: Innanzitutto parlaci di te, dei tuoi trascorsi, come fossimo ad x-factor…

fromwood: Ho iniziato a suonare nel 1992 come bassista in una piccola band gothic e new wave, poi nel 1996 formo gli Overnight (band cosentina nu-funk ) nella quale suono sempre come bassista. Nel 1998 scopro la scena nu-jazz / broken-beat tedesca dei Jazzanova & Sonar Kollektiv grazie al programma radiofonico World Wide di Gilles Peterson. Mi si aprono nuovi panorami musicali e passo alla computer music. Tra la fine del 1999 ed il 2000 nasce l’idea Fromwood che rimane ibernata fino al 2005 per ragioni di studio mastering e software audio (insomma 5 anni di studio matto e disperato…). Nel 2006 inizio il lavoro di un EP (“Fromwood exp 01″) che poi sarà pubblicato nel 2007 dalla Irma Records, approdatovi perché contattato da loro su myspace. L’EP era grezzo ma sperimentale e composto da 6 tracce di cui una sola cantata…

Cinque anni a studiare, sparito dal mondo… Direi che ci sei riuscito, i tuoi prodotti non suonano per niente grezzi e son tutti realizzati a casa… poi si sente di tutto nelle tue produzioni, dalla wave al dub, al jazz al funk, cos’è che realmente vorresti arrivasse di questo progetto a chi ascolta?

Bbbbe’ sì, le mie fonti di ispirazione sono evidenti agli ascoltatori. Mi piacciono Jazzanova, Cinematic Orchestra, in genere elementi di jazz polacco oscuro, Sakamoto, Bauhaus, primi Koop, Kate Bush e molto altro. La mia musica è ispirata dalla natura, dalla natura selvaggia! Il mio ideale di sonorità è un jazz minimale oscuro con elementi elettronici di sintesi granulare. Spero di riuscire ad esprimere questi concetti già dal prossimo ep e poi nel mio primo full length. Un album che avrà un timbro marcatamente acustico con contaminazioni elettroniche, sarà un elettro-jazz noir, oscuro e “sciamanino”. Sono in contatto con altri musicisti cosentini -Mirko Onofrio (fiati), Carlo Cimino (contrabbasso), Leonardo Conforti (batteria)- che collaboreranno all’album e ad eventuali live set. Comunque già nell’EP, in lavorazione, parteciperanno il contrabbassista ed il sassofonista sopra citati. Inoltre sto realizzando un nuovo remix della traccia Sunflower Lola di John Type che dovrebbe uscire entro marzo per Irma Records.

Punti decisamente verso un grande 2010. Ma ti lasci alle spalle due anni di grandi soddisfazioni.

Sì, è vero. La grande soddisfazione di essere scelto da Irma in primis, di uscire per loro con un ep fatto in casa. Poi la possibilità di esprimermi per loro come remixer manipolando Musetta (track Nicotine), Amana Melomè (Space age mama Jama), Aaron Tesser (Stella), Acusmatic Group (Secret lovers). Nel 2009 ho partecipato al remix contest dei Jazzanova per il brano I can see del loro ultimo album e, pur rimanendo per molte settimane al 2° posto della chart del contest (chart scelta dai Jazzanova in persona), alla fine non ho vinto il contest e mi sono classificato 7° su oltre 500 partecipanti: il contest mi ha dato la possibilità di conoscerli e di ricevere il loro apprezzamento. Nella prima metà del 2009 ho inoltre stretto i contatti con l’etichetta Minimal and Melodies Music (etichetta minimal house ungherese/olandese) per la quale ho remixato due tracce di loro artisti e con la quale conto in futuro di realizzare un ep originale. Nella seconda metà del 2009 ho partecipato al remix contest indetto da Atjazz per la traccia Together del suo ultimo album e la mia traccia è stata scelta come vincente insieme ad altri 3 remix. Sempre Atjazz ha voluto da me anche una seconda versione di quel remix da inserire come special track nella release del singolo “Together exclusive remix pack”. Alla Atjazz Record Company sicuramente proporrò le nuove produzioni di un progetto parallelo a Fromwood di matrice house oppure altri remix come Fromwood. Parallelamente alla release per Atjazz, ho remixato un brano dei Little Dragon (Feather) che verrà pubblicato dalla Peacefrog Records insieme ad altri remix (tra cui quello di Carl Craig).

Sei stato a dir poco esaustivo…

No, dimenticavo una cosa molto importante… nell’estate 2009 è uscita “Chill out cafè vol. 11″ (la più importante compilation Irma) nella quale figura il mio brano Night wind. Poi a novembre la Irma ha stampato “Drive remixes”, con il mio pezzo Drive, un mio retake e altri 13 remix. A “Drive remixes” son particolarmente legato, anche la cover è mia, è una foto di Camigliatello Silano ritoccata…. (ride, ndr).

A questo punto, ti manca solo l’ultimo tassello per completare l’opera, come artista di punta per Irma correre a Berlino dai Jazzanova e lavorare con loro su un progetto in comune…

Vorrei dirti di più, ma non posso… Sono scaramantico! Ma sappi che lo Sciamano del Bosco è pronto a stupirvi!

http://soundcloud.com/fromwood

SPACE BARENA

Gennaio 13, 2010

Se il buongiorno si vede dal mattino… è nell’instant che si rischiano di prendere cantonate, ma anche di farsi folgorare e scorgere un talento che tastes like future, direbbero gli Amari. Omero batteraio dei Captain Mantell mi inoltra per secondi fini il video di questa Anguilla, punta di diamante di un attacco chiamato Space Barena (no myspace, no facebook!), dietro il quale le uniche cose che si sanno è la presenza di Doc Ciste -En Rico En I Cola e altre vicende troniche di zona- e Serg Roma con Dj Muto agli scratch. Per chi non fosse del luogo, barena sta per quelle chiazze di fondale basso che emergono, con arbusti, dall’acqua morta di laguna. E siccome al momento altro non v’è che il clip, oltre a un viaggio in auto sapientemente musicato, quello linkiamo: electro che si ferma un attimo prima, forse, della fidget ma non può impedire che la palla entri in rete. (sabato 16 gennaio performeranno live prima dei Man Like Me al Pop Corn di Marghera)

TEN DOGS

Gennaio 9, 2010

Dieci cani per strada, dieci cani per me posson bastare. Qualche tempo fa Andrea Suriani dei My Awesome Mixtape segnalava questa giovane promessa delle sue parti, Piverone (Piemonte), che però nel proprio myspace non aveva ancora inserito un brano. Oggi che quattro pezzi sono “comparsi”, si può finalmente parlare di Ten Dogs e constatarne l’effettivo valore, secondo una forma autoriale che prende dal folk e dal pop ponendosi nell’ottica degli americani di ritorno: Next year su toni vagamente bossa e si apre alle mattinate di Sondre Lerche con scherzi di piano, New wave blues di batteria elettronica a respirare la stessa aria vocale di Stuart Murdoch (Belle And Sebastian), indiepop evoluto e nasale come in Svevia sanno fare, con in più l’elettronica poco costosa che aiutò non poco i Postal Service -un disco di cui ancora oggi si cerca l’erede. I let you go fa il verso a Beirut solo con la faccia da nerd che le riviste inglesi tanto amano, mentre Girl who must be loved torna in Brasile come anche i Kings Of Convenience e Brown And The Leaves prima di lui (i The Second Grace si fermano poco distanti, sulle coste caraibiche), sul finale compare anche la marea. Difficile incoronare una preferita, l’unica è aspettare che chi di dovere si accorga di lui: a questo serve la presente rubrica.

Ten Dogs aprirà il concerto dei M.A.M. sabato 16 gennaio al Ratatoj di Saluzzo, Cuneo.

Not An Exit, EP in free download

Settembre 18, 2009

Dall’account su Soundcloud è possibile scaricare quattro brani in EP relativi a Not An Exit, side project “edbangerista” e post-daftpunkiano di Alex “Swim” Campedelli.

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