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Cosa fare a Pagnacco quando è sera

Prima periferia udinese, tacciono i rumori degli stabilimenti, tornano i vecchi dall’osteria, il frico e il merlot sono nelle tavole. E dopo? Ci si vede in sala prove, che può essere la casa stessa, e si guarda alla finestra. Solo con la desolazione e gli effluvi delle rogge si può spiegare “An embassy to Kokus and Korus” (l’introduzione della parola embassy non è per niente legata alla sua trattazione in dato contesto!), disco del ritorno per i misconosciuti Those Lone Vamps.

Shawn Clocchiatti-Oakey e Vincent O. Trevisan, nomi di ventura meno improbabili di quanto pensiate, sono alla terza esperienza discografica con Setola di Maiale, etichetta avant della zona con importanti connotati italiani ed esteri nella scena sperimentale. Tra Black Taper Taiga e altre minuzie si ritagliano il tempo per attività parallele, che non nascondono però la luce a un album registrato, mixato, masterizzato in tre ore con la trinità nei crediti. Those Lone Vamps è una raccolta di brani anche molto corti in stile Waits bronchiale su strumenti inconsistenti, interferenze di centralini telefonici (Prairie), armonica e singulti (Mud), rumori a circonfondersi con testi di apparente grammelot impercettibile, respiri affannati, Subway blues biascicato: Shawn apre la bocca quando canta? :) Il minimalismo di tasti percossi piano e quasi random strania Chevy e Farm, due episodi in cui i legami con Mark Lanegan e Stuart Staples dei Tindersticks si fanno evidenti; chiude il dialogo evangelico di 5 a.m.

Interessante un’indagine sui titoli, tutti di una sola parola ad evocare la prateria, la fattoria, il fango, finalmente penetrati nella forma canzone, compatta per quanto lo-fi. Insomma, una sorpresa per coloro che sono ancora in grado di ascoltare senza distrazioni.

Those Lone Vamps – “Farm

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