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TAGLI / Nuxx su “Bachi da Quarzo”

Conobbi “Nuxx” quando nel mio blog precedente commentava tagliuzzando post e commenti assieme a notizie di cronaca, politica e sportiva, creando un esilarante straniamento del “potrebbe essere”. Ultimamente si fa vedere sulle pagine di Inkiostro, e la sua passione musicale lo porta ora a interferire con Italian Embassy, che pubblicherà i suoi “Tagli” quando avrà la volontà di scriverli e mandarli. Queste le “sue” parole per uno degli album del periodo.

Bachi Da Pietra – Quarzo (Wallace Records, 2010)

da http://www.flickr.com/photos/felson/3735959466/

“No, niente. Solo due righe per dire che uno dei rari casi in cui la stupida frase di Emiliano Zanotti “recensire dischi è come ballare il rock’n'roll, l’architettura varrebbe più di mille parole” può avere senso è nel tentativo di parlare di dischi come questo; nonostante il gran lavoro di composizione e arrangiamento manda in paranoia il sistema neurovegetativo peggio che 24 ore filate davanti a una Dreamachine. Il risultato è un bignami degli ultimi 40 anni di dark-urban-funk alla Lucio Battisti. Ma in barba al vecchio Emiliano proviamo comunque a dirne qualcosa. Le solite cose. Di cui si parla. A cena. Tra amici. Un po’ sfigati.
Vaghe chiacchiere che strabordano di emotività e silenzi che si caricano di ruvidezze meno urlate e più scozzesi, sentimenti assolutamente non lineari, un po’ di indifferenza nitida e tagliente e, perché no, a volte anche più ballabile e nessuna richiesta di spiegazioni. Un solo attimo di dramma, presto allontanato. Impossibile non citare E. Polaroid, il “Justin Bieber rallentato” dell’indie italiano, in qualsiasi descrizione del sound dei Bachi Da Pietra e della rarefazione elettroniconcreta del duo, dal vivo ancora più RAWK: “Siamo tutti abbastanza emozionati. Ci si vede a banco!”.
Il nuovo album, dicevamo, si intitola con un notevole calembour “Quarzo”.
La prima volta che l’ho ascoltato si chiamava in un altro modo, “Vaffanculo al nostro tempo rubato e a Vasco Brondi”, in cui l’allusione alla pietra, al tempo, ad una forma primigenia di elettronica, prelude allo spostamento dei paletti del sentire lirico-musicale irregolare e unico. Era bellissimo il titolo “Vaffanculo al nostro tempo rubato e a Vasco Brondi”, che riabilita il senso del termine songwriting, scegliendo vie metriche e melodiche personali e mai banali. È bellissimo che si chiami così. Quante altre volte posso scrivere “Vaffanculo al nostro tempo rubato e a Vasco Brondi”?
E i ragazzi devono avere una certa passione per i giochi di parole, dato che il nuovo singolo estratto è “Tururuturutururu – Non è vero quel che dicono, voi siete vivi, noi siamo morti”.

Ora sarebbe da alzare il ditino e fare la domanda: “Perché solo adesso e non prima?”
La storia è questa: settembre 2009, ATP di Riva del Garda. La direzione artistica è di Emiliano Colasanti.
Vabbè, normale amministrazione.
Ora, anche se ogni tanto fa aquagym ascoltando la radio, a me Emiliano ricorda un po’ Moira Orfei. E si dovrebbe tagliare i capelli alla Beth Ditto. L’ho detto!

Fatto sta che tra gli artisti selezionati ci sono DJ Molella, DJ Dorella, Marracash, il Fiorello tristone imitato da Nick Cave, Dj Angelo, Dargen D’Amico e D’J Mascis vestiti da orso rosa, Massimo Ranieri con una band di quindici elementi, tra cui Claudio Sorge, The Niro, i 16, i Brutal Truth, il Trota, Stefano Pifferi, Antonio Cassano, Sly Stallone, l’infaticabile Enver, Henry Rollins, i Marnero e anche Giovanni Succi, aka Enrico Boccioletti, aka Kleenex Exposition, aka​ Chikita Violenta, aka Custard Pie, aka Transparency Is The New Mystery e tanti altri tra rappettari, hipster, tassinari e generiche comparse con un pessimo rapporto con il sapone.

Piace alla gente che piace, insomma.
Il Creassant di Riva del Garda è un piccolo capannone ristrutturato che funge da officina di vocoder (in maggioranza a scatto fisso, direi) e galleria d’arte all’insegna di un moderno artigianato sadomaso.
Sul fondo, sopra due tavoli, sono sistemati gli strumenti che verranno usati questa sera: qualche distorsore peer-to-peer, pistole, coltelli, lamette da barba, corde e cavi resistenti di ogni genere, uno split-screen a base di “vite parallele” che poi convergono, una bombola d’ossigeno, il panino con la salamella di Bianconi. A scaldare l’atmosfera ci pensa Gianfranco Lindo Zola Ferretti Jesus, nome dietro cui si cela Giovanni Dondarini.
Chi è Giovanni Dondarini?
Non avete letto in giro la storia del tipo che, lasciato dalla fidanzata, si è recluso per l’inverno in una baita in un paese nel quale nel 2010 Sabrina Salerno può ancora dire la sua a comporre un intero disco sull’argomento? Su Sabrina Salerno, intendo.
Poi si sveglia una mattina, apre la porta e va ad una festa di capodanno, quel momento in cui le luci dell’alba si alzano sopra la città, mentre qualcuno ha ancora voglia di brindare e lontano sparano gli ultimi fuochi d’artificio, lui se ne va in giro per il mondo ad abbracciare la gente e si chiede (con lo stesso rantolo di voce alla Bossi) come ha fatto a vivere fino a oggi ignorando completamente l’esistenza di questo immenso capolavoro. Un capolavoro tratto da un altro capolavoro. Può sembrare lapalissiano, ma non lo è per niente. Qualcosa vorrà pur dire no?”
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(Nuxx)

Bachi da Pietra – “Dragamine“

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